IL SONNO NEL NIDO D’INFANZIA
Edizioni Junior, 2008
Curatore: Enzo Catarsi
Il sonno rappresenta un aspetto significativo della giornata che il bambino trascorre nel nido; se includiamo anche i momenti di addormentamento e di risveglio, il tempo dedicato al sonno può superare abbondantemente le due ore e dunque costituisce un elemento fondamentale dell’esperienza infantile. La rilevanza quantitativa del tempo dedicato al sonno sarebbe già un motivo per dedicarvi una parte importante del progetto educativo. Al contrario di questo aspetto – così come delle altre routine – si parla assai poco, quasi si temesse che tali attività di cura facessero percepire il nido come contesto assistenziale. Si tratta invece di chiarire che le attività di cura sono essenziali nella vita del bambino al nido. Così come appare imprescindibile rilevare che la “cura” costituisce una categoria ineludibile dell’educativo, contrariamente a quanto si crede nel nostro paese, dove la formazione delle giovani generazioni è quasi sempre pensata quale solo ed esclusivo esito della trasmissione delle conoscenze.
Il volume che presentiamo è appunto il frutto della volontà di richiamare l’attenzione del mondo delle educatrici sul momento del sonno nel nido e – più in generale – su quelli delle routine. Esso contiene scritti di psicologi, pediatri, pedagogisti, educatrici di nido e si propone, pertanto, come lettura utile e stimolante per tutti coloro che – a diverso titolo – hanno a che fare con il mondo dell’infanzia.
1 risposta su “Nuovo Libro per Gli educatori !”
ATTIVITA’ vs ROUTINES
Salve a tutte/i.
Prendo spunto da alcune righe che ho letto sulle “linee guida per i servizi educativi alla prima infanzia del comune di Firenze” per esprimere cosa penso di un argomento per me importante e centrale nella vita del nido e in particolare per il bambino al nido: le routines.
Il passaggio che mi ha colpito, scritto da Enzo Catarsi (direttore dipartimento scienze dell’educazione Università di Firenze), è il seguente: […Le linee guida valorizzano con forza i caratteri di una nuova professionalità educativa, alimentata da una chiara intenzionalità e che fa della cura e della regia le strategie fondanti del suo operare. Opportunamente, quindi, viene esaltata la cura come categoria dell’educativo, evidenziando il suo contributo alla conquista dell’autonomia da parte del bambino. L’educatrice deve avere cura del soggetto, ma mai prendere in cura – e tantomeno in carico – il bambino, che deve essere educato prioritariamente all’autonomia. Ed in questo contesto pare di grande pare di grande significato il riferimento alle cosiddette routines, solitamente trascurate e sottovalutate e che, al contrario, costituiscono esperienze di crescita per i bambini…]
Oggi sappiamo che i bambini hanno delle potenzialità immense, e che fondamentalmente noi adulti abbiamo ben poco da insegnargli nel vero senso della parola, mentre molto abbiamo da fare per proporgli situazioni stimolanti e di crescita.
Di contro, ai bambini noi cerchiamo molte volte di proporre quelle che chiamiamo “attività”, non lasciando abbastanza spazio alla loro iniziativa e imbrigliando la loro curiosità e fantasia.
Questa è l’eredità che i nidi si portano dietro per il modo in cui sono nati; c’era il bisogno di venire incontro alle esigenze delle famiglie in generale e delle donne lavoratrici in particolare e il nido fu istituito senza che alla sua base ci fosse una profonda riflessione sui soggetti che di fatto avrebbero usufruito in prima persona del servizio: i Bambini. Questo ha preso alla sprovvista chi doveva affrontare questa difficile sfida e per paura di sbagliare ci si è rifatti all’esperienza più vicina cioè la materna, basando il nido sulle attività.
Il discorso è superficiale e grossolano(le cose sono cambiate negli ultimi anni e in alcune regioni ci sono delle esperienze che fanno scuola nel mondo) e andrebbe approfondito ma mi serve per dire che ben vengano le attività, ben vengano i progetti educativi, però, la brava educatrice, il bravo educatore sanno lasciare che il bambino sia autore della sua crescita, della conquista dell’autonomia e per arrivare a ciò le routines sono momenti privilegiati e se ci accorgiamo che “portano via troppo tempo”, proviamo a sforzarci, noi adulti, a considerare già queste delle attività che al bambino danno tantissimo: lo fanno arrivare a padroneggiare i gesti che poi nella vita farà abitualmente (versarsi l’acqua nel bicchiere, spalmare una fetta con la marmellata, apparecchiare, spogliarsi e vestirsi, e tanto altro), per non parlare di che forte momento di socializzazione sono. Questo, a me personalmente, renderebbe più orgoglioso che avergli fatto fare chissà quale attività, che io avevo pensato nei minimi particolari, ma che, lo sperimentiamo spesso, al bambino non interessava poi così tanto e magari, siccome il bambino è intelligente e si è trovato qualcosa di più interessante da fare, ho dovuto usare anche la frase terribile “…no amore non puoi, ora facciamo questo…”, oppure, per tornare ai momenti di cura, mentre magari siamo in bagno: “sbrigati a fare pipì che poi andiamo a giocare”.
Che cosa è gioco? Cosa fa veramente crescere un bambino?
Se ci pensiamo un attimo impostare la giornata su delle routines, magari anche più lunghe, perché rispettose dei tempi dei bambini, ci metterebbe meno pressione sul cosa fare.
Secondo la mia modesta opinione le routines, insieme ad una impostazione temporale più dilatata (facciamo correre già troppo i bambini fuori dal nido), dovrebbero essere i pilastri su cui fare una buona programmazione.
Fondamentalmente per me il nido è: IL TEMPO PER L’AUTONOMIA.
Chiudo scusandomi come sempre per la lunghezza e chiarendo che alla base di un nido ci DEVE essere un buon progetto educativo, che preveda come suoi strumenti le attività, ma non deve trascurare l’importanza dei momenti di cura e soprattutto per ogni cosa al bambino deve essere lasciato il tempo necessario.